Pasta, 8 semplici prove (da fare nella propria cucina) per capire se è davvero di qualità

pennette pastandreaLa pasta, ricopre, il piatto più amato a noi italiani, la conosciamo da sempre, ma, qualche consiglio può servire per vederne la vera qualità.

Quando una pasta arriva in commercio, alla nostra scelta si pensa  sia la migliore e  che abbia superato ogni test di qualità.

Noi vi suggeriamo di seguire questi semplici passi, da fare nella propria cucina, per accertarsi che il prodotto scelto sia di ottima qualità.

1. "A PRIMA VISTA"

Non serve vederla già cotta, una pasta di qualità si può giudicare anche quando è cruda. Il colore giallo ambrato omogeneo, senza puntini chiari o scuri, dal suono secco che sprigiona quando la si spezza, alcune forme gigante hanno un suono particolare, tipo piccole campane.

L’essiccamento, molto importante , se non è stato condotto nel modo corretto, sulla pasta si possono notare delle sostanze di color rosso bruno, che penalizzano la cottura. O  striature biancastre che penetrano in profondità, indebolendo la struttura, aumentando il rischio di rotture o fessurazioni del prodotto in cottura. La presenza di puntini bianchi sulla superficie è indice di una non perfetta idratazione della semola, mentre se i puntini sono neri è segno della presenza di frammenti di crusca non eliminati in macinazione o di particelle di semola derivanti da cariossidi (chicchi di grano) scure.  

2. LA LIMPIDEZZA DELL’ACQUA

Durante la cottura e alla fin, prima della scolatura, l’acqua è opaca? È trasparente? Quanto si '"sporca" l'acqua è un indizio importante. Meno risulterà torbida durante la cottura, più potrebbe essere segno di qualità, perché si tratta di una pasta che limita il rilascio dell’amido. Garanzia di una tenuta in cottura ottimale.

3. LA FORMA NON CAMBIA

A cottura avvenuta, prova a controllare l’elasticità, la capacità della struttura di riprendere e mantenere la sua forma originaria. Esempio, il pacchero si “siede” oppure no? Lo spaghetto mantiene il nervo anche quando è all’onda oppure si ammassa? Questa caratteristica è sintomo di un glutine di buona qualità e di una pasta che si è reidratata in modo omogeneo.

4. FUORI COTTA, DENTRO CRUDA?

Se sotto ai denti non si presentano zone molli (l’esterno) e dure (l’interno), allora la pasta è stata lavorata a regola d’arte e da ottime materie prime.

La sua cottura è omogenea e il gradiente d’idratazione, passando dall’esterno all’interno del prodotto, è molto basso. A meno che non ci si presenti un formato appositamente studiato per avere diverse consistenze in un unico pezzo. Esemplare il fusillo: chi sceglie questo formato spesso ama che sotto i denti non sia uguale ma presenti resistenze alla masticazione diverse.

5. TENUTA DELLA FORMA

Quanti pezzi restano integri dopo la cottura e quanti si sono fessurati o sfaldati?

Quanti sono incollati tra di loro, quanti poco cotti? Va da sé che maggiore il numero di "pezzi" difettati (qui di solito entra in ballo non tanto la qualità della semola ma la maestria nell'essicazione), minore sarà la qualità della pasta e la sua tenuta al dente.  

 6. ELASTICITA’ DELLA PASTA

La pasta, più è nervosa, meglio è. Il nervo è lo sforzo che occorre per tagliare con i denti la pasta, la sua resistenza al taglio, l’elasticità e la capacità di mantenere queste performance, anche in condizioni di stress (extracottura, attesa del servizio, etc) sono caratteristiche fondamentali per capire se una pasta è di qualità.

7. L’EXTRA-COTTURA, A PROVA DI CUOCHI DISTRATTI

Un classico dei test di laboratorio della pasta è stressarla con l’extracottura. Perché più aumenta la durata della cottura, tanto più diminuiscono tutti gli indici di qualità. Per prima cosa va identificato il Tempo Ottimale di Cottura, cioè il momento in cui la parte centrale della pasta (la cosiddetta "animella" bianca) si idrata e perde il suo colore biancastro. È quello che troviamo scritto sulla confezione. L’animella si può visualizzare nel prodotto cotto schiacciando un filo di spaghetti tra due pezzi di plastica trasparente (test del vetrino) o tagliando un formato corto evidenziandone la sezione (test del coltello). Poi si mantiene il prodotto in cottura per il 25%-30% in più (circa 2-3 minuti). In questo modo si prova quanto la pasta è in grado di sopportare errori e distrazioni quando cuciniamo. Come quella telefonata o quella chat a cui non si è stati in grado di rinunciare…

  8. QUANTO È BUONA SE LA "DIMENTICHIAMO" NEL PIATTO?

Infine i valori di nervo e "patinosità" si verificano anche sulla pasta scolata e “dimenticata” circa cinque minuti nello scolapasta o fino a dieci minuti nel piatto, per testare quanto a lungo sa rimanere ancora buona nel piatto o nel vassoio, diventando quindi un parametro di valutazione tra i più importanti per il settore della ristorazione.